Fiori autunnali delle nostre colline

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A fine estate quando già si sente odore di autunno, le nostre colline, soprattutto in zone incolte, si riempiono di numerosi fiori gialli molto fitti e dal gambo lungo. Da noi, lungo la strada “dei Sette Ponti”, sono chiamati “tartufi”, ma in altre parti d’Italia vengono chiamati “rapa tedesca” o “carciofo di Gerusalemme”.

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Sono i topinambùr (nome scientifico Helianthus Tuberosus volgarizzato in Elianto tuberoso), pianta appartenente alla grande famiglia delle Asteracee, la stessa dei girasoli. Il nome generico (Helianthus) deriva da due parole greche Helios ‘sole’ e Anthos ‘fiore’, in riferimento alla tendenza di alcune piante di questo genere a girare sempre il capolino verso il sole.

Il nome specifico (tuberosus) indica una pianta perenne, il cui organo di sopravvivenza è un tubero. Il nome topinambùr deriva dal nome di una tribù amerindia.

Il fusto può arrivare a una altezza che può superare bene i due metri; nella stagione avversa non spunta mai dal terreno perché tutti gli anni si secca e poi si rinnova; la parte sotterranea è un rizoma irregolare, nodoso e rotondeggiante. Il tubero è commestibile e viene usato soprattutto nella cucina piemontese nella bagnacauda e nella fonduta o cotto al posto delle patate, dalle quali si differenzia perché non contiene amido.

Il tubero contiene Inulina e perciò il topinambùr è impiegato in alcune diete; inoltre è molto ricco di sali minerali, in particolare potassio, magnesio, fosforo e ferro, come pure di selenio e zinco.

La medicina popolare lo vuole efficace per ridurre il colesterolo e stabilizzare la concentrazione di glucosio nel sangue.Cattura1

È una pianta spontanea originaria del Nord America; in Italia è annoverata fra le “piante dei poveri”, quelle piante di cui l’uomo, anche il meno abbiente, può nutrirsi senza spesa, raccogliendole in natura nei prati, nelle siepi e negli incolti.

Daniele Menabeni

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