Poppi: L’antica Abbazia di Strumi.

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L’ubicazione  fisica di gran parte delle abbazie e dei castelli risente tantissimo della geografia dell’ antica viabilità che permetteva lo spostamento di uomini e merci e, se i castelli furono  costruiti in posti strategici  come varchi, guadi e sommità per tenere sotto controllo il territorio, le badie in genere furono fondate da famiglie aristocratiche vicine al loro castello. Alcune badie furono fondate da nobili che riuscirono così a consolidare il potere familiare con l’affiliazione a questo o quell’ordine  monastico, nelle nostre vallate in genere vallombrosano  e camaldolese. In effetti se noi leggiamo la storia di diverse abbazie, per un certo tempo queste potevano benissimo chiamarsi con l’appellativo di “monasteri di famiglia”.

Anche l’antica Abbazia di Strumi,nel Casentino vicino a Poppi seguì questo percorso nell’ambito della famiglia aristocratica del Conti Guidi e per mettere bene a fuoco il problema occorre fare alcune considerazioni su questa vallata.

La vallata casentinese ancora oggi risente di un certo isolamento dovuto alla lontananza delle grandi vie di comunicazione, ma  fin dal periodo preistorico, il Casentino ha svolto un ruolo primario  di collegamento tra il centro e il settentrione d’Italia avendo valichi di modesta altezza e con forme dolci del paesaggio  in cui si poteva transitare per l’anno intero.  Questo aspetto importante della vallata si amplifica dal terzo al primo secolo avanti Cristo in quanto, per la posizione strategica, Arezzo fu scelta dai Romani come  piazzaforte-base per contrastare le scorrerie dei Galli che scendevano dalla Val Padana attraverso i valichi appenninici. Le guerre puniche, le operazioni militari contro i Liguri appenninici, popolo di cui ne parla lo storico Polibio, le guerre civili  del primo secolo avanti Cristo fanno di Arezzo  una base militare importante tanto che sappiamo che in città stazionavano sempre due legioni, spesso anche quattro. Lo spostamento dei contingenti militari verso l’Appennino comportò l’apertura di strade transappenniniche attraverso il  Casentino proprio per problemi tattici di carattere militare ( basti pensare alle duemila punte di lancia che sono state trovate nel secolo XIX nel laghetto degli  Idoli del Falterona  e una legione romana era costituita proprio da 2000 soldati) e fra queste vie di comunicazioni importanti è compresa anche la Via Major. Questa via, partendo da Arezzo, Subbiano, toccava Pieve a Socana per passare poi da Bacano, Strumi dove poco dopo si divideva: un ramo saliva al Monte Falterona per scendere a San Godenzo, mentre l’altro ramo  si dirigeva per San Martino in Vado,  Montemignaio,  Pelago e  la zona di Florentia e Fiesole.

Nel secondo secolo dopo Cristo,  Florentia ha una rapida crescita economica a scapito di Fiesole e la nuova via di collegamento con Roma, detta Cassia Adrianea perché voluta nel 123 d.C. dall’imperatore Adriano, taglia fuori Arezzo che inizia a decadere  economicamente e strategicamente. Però nel Casentino come altrove rimase integra la bella e logica viabilità romana, viabilità che rimase buona  fino alla guerra gotico-longobarda.  Gli effetti di questa guerra si fecero sentire poi su tutto il territorio con povertà, distruzioni,  eccidi, pestilenze e carestie ma non riuscirono del tutto a smantellare l’antico sistema viario romano, per cui all’inizio del secolo   decimo, una parte era ancora agibile e  l’antico tracciato della Via Major che nel frattempo era chiamata “Via dei Pellegrini e anche Via delle Pievi”  passava  ancora  nei pressi della collina di  Strumi, dove i Conti Guidi edificarono un loro castello e ai piedi della collinetta l’ abbazia.

Il Casentino, come tutte le valli di transito, è pieno di castelli che se ne vedono un po’ ovunque, sulle pendici dei monti e lungo i corsi d’acqua, sui valichi delle montagne e arrampicati nei cocuzzoli più inaccessibili, e  tutti hanno una loro storia suggestiva e appassionante. Il castello di Strumi dei Conti Guidi è uno di questi.

Il toponimo Strumi deriva dal volgare locale “strumo” ossia ranocchio,  da collegare sicuramente alla zona paludosa del luogo che circonda il poggio (395 m) chiamato anche “Poppi Vecchio”, sulla  cui sommità fu costruito il castello di cui oggi rimangono solo pochissimi resti avvolti dalla vegetazione.  Non è da escludere che il fiume Arno, una volta ricevuto l’acqua del torrente Solano che scende impetuoso dal Pratomagno , nel secolo X  abbia avuto il corso  ramificato  nella piana di  Campaldino e uno di questi rami  rendesse paludosa la zona di Strumi. Il castello fu uno dei primi  che i  Conti Guidi costruirono  in Casentino  e secondo documenti storici sembra sia stato costruito nella prima metà del secolo X dal Conte Tegrimo insieme al castello di Porciano.  Il castello di Strumi, costruito su una posizione dominante e accessibile solo da un lato, fu completamente e metodicamente  raso al suolo dai fiorentini dopo la battaglia di Campaldino l’11 Giugno 1289. Del castello è stata fatta recentemente una ipotetica ricostruzione (pianta) facendo alcune misurazioni  delle fondamenta e  sono stati rinvenuti numerosi frammenti medievali di cotto, olle e paioli. Ai piedi del castello  fu fatto costruire dal Conte Tegrimo il monastero dedicato a San Fedele, soldato e martire cristiano della Legione Tebea  al tempo dell’imperatore Diocleziano, il cui corpo fu ritrovato proprio nella seconda metà del secolo X. Anche se abbiamo su un documento storico del 1017  le prime notizie dell’abbazia e poi nel 1029 le prime  notizie del castello definito dallo stesso Conte Guido “castello meo quod dicitur Strumi”, la costruzione del maniero è sicuramente antecedente o tutta al più  coeva  alla costruzione dell’abbazia che gli storici fanno risalire  fra il 970 e 980, circa un decennio dopo l’edificazione della Abbazia di Santa Trinità in Alpi, che è considerata l’Abbazia più antica del  Casentino.  In verità alcune supposizioni avvalorate  però da soli indizi  dicono che nel luogo ci fosse stato un precedente insediamento religioso di monaci della regola di San Basilio già in epoca longobarda e quindi  farebbe di questo convivio monastico il più antico del  Casentino.

In questo periodo la diffusione del monachesimo  fu costante e continua e oltre al fattore religioso quella forma di vita appariva  anche un porto di salvezza oltre che spirituale anche materiale, in quanto i conventi erano luoghi rispettati dove non mancava niente.  Le badie erano luoghi di culto ma anche luoghi di potere civile ed economico,  avevano l’appoggio e il sostegno delle grandi famiglie aristocratiche  le quali, tramite il potere degli abati, tenevano sotto controllo il territorio. È quindi per interesse politico ed economico che il signore feudale si opera per fondare le abbazie e ne diviene il patrono, il difensore. C’era anche un motivo religioso in quanto  alla fine del secolo X  vi era  la gran paura della fine del mondo e tutti cercavano di fare  qualcosa di positivo e buono per meritarsi la salvezza eterna. Questo era comune al popolo povero ma soprattutto   agli aristocratici i quali avevano, a causa delle loro passioni non tenute a freno, diversi peccati da espiare, basti pensare  che il signore feudale, e cosi i Conti Guidi,  si portava dietro un miscuglio fatto di superstizione, fede, ma anche violenza e sopraffazione( il soprannome “Bevisangue” è frequente  nella casata dei Conti Guidi).

Sicuramente per queste ragioni il Conte Tegrimo II insieme alla moglie Gisla eresse il monastero  ai piedi del proprio castello di Strumi fra il 970 e il 980 sotto   la regola benedettina di Cluny, monastero che crebbe subito di  fama e grandezza. Se del castello di  Strumi sappiamo pochissimo, della abbazia di Strumi ci sono molti documenti  che danno la misura delle copiose donazioni in fatto di corti, vigne, molini, terre, decime che dovevano servire oltre al sostentamento dei monaci anche per distribuire i pasti ai pellegrini e ai poveri. Sappiamo che la chiesa di Strumi, ad una sola navata perché  l’architettura a  più navate era riservata solo alle pievi o chiese madri era lunga 25 metri e larga 8,50 metri ed ancora è visibile da molto lontano causa l’ abside circolare e molto alta. La chiesa aveva anche il coro e la cripta dove erano contenute reliquie dei santi.

Il monastero rimase sotto la regola dei cluniacensi fino al 1089, in quella data il monastero di Strumi, su richiesta degli stessi monaci passò sotto i Vallombrosani . Il secolo XI  e XII fu un secolo difficile per la chiesa a causa delle eresie medievali, scismi, papi e antipapi e lotte fra gli stessi ordini religiosi e queste lotte interne  toccarono anche il monastero di  Strumi in quanto i vallombrosani in queste  diatribe religiose erano coinvolti direttamente.  Addirittura un religioso  di Strumi , Giovanni Ungari eletto abate  nel 1161  prese nel 1168 per volere dell’imperatore Federico Barbarossa   il titolo di papa del partito imperiale con il nome di Callisto III , contrapponendosi al  legittimo pontefice Alessandro III. Comunque il monastero di Strumi ebbe in quel periodo una notevole crescita  diventando  sempre più importante come donazioni, proprietà terriere e possedimenti vari , decime e chiese dipendenti alle quali l’abate di Strumi nominava i rettori che potevano essere non solo monaci ma anche preti secolari. Documenti di archivio parlano di addirittura in trecento i monaci ospitati nel complesso religioso, oltre all’ospedale per accogliere malati e pellegrini  e fu assoldata gente armata per difendere le numerose proprietà del monastero dai ladri e malfattori. Le relazioni fra il monastero e i preti secolari delle parrocchie vicine furono fin dall’inizio sempre pessime perché questi ultimi contestavano  la potenza economica   dovuta alle proprietà che erano state accumulate dal convento con una oculata politica di  lasciti e acquisti.

Ma a partire dalla seconda metà del secolo XII i Conti Guidi sentirono la necessità di spostare  tutto il complesso, castello e monastero, su un poggio vicino situato sulla sponda destra dell’ Arno in una posizione più elevata della collinetta di Strumi. Vi costruirono un castello che fu la base dell’attuale castello di Poppi, menzionato per la prima volta in un contratto del 1169 redatto i” in castro de Puppio in loco Casentino.”

Intorno al 1180 anche il monastero di San Fedele viene spostato a Poppi vicino al nuovo castello. Lo spostamento dei Conti Guidi dal  castello di Strumi a quello  di Poppi, sicuramente è dovuto al fatto che dal  nuovo castello si controllava meglio la strada che  costeggiava l’Arno e si aveva una visuale panoramica sulla zona  maggiore rispetto agli altri castelli dei Guidi, quali Fronzola, Papiano, Porciano, Romena.

Non sappiamo quanto durarono i lavori per la costruzione del nuovo monastero e una volta spostato , il complesso religioso si chiamò “monastero di San Fedele in Poppi”  e di conseguenza anche l’abate fu chiamato “abate di San Fedele in Poppi”.La chiesa di questo complesso religioso divenne il luogo dove venivano seppelliti  i corpi dei Conti Guidi, signori di Poppi.   A  Strumi rimase il vecchio castello, poi distrutto dal fiorentini, e alla base della collinetta l’edifico dell’antico monastero  la cui decadenza e semiabbandono si accelerò  dopo il 1289,quando dopo la vittoria dei fiorentini a Campaldino fu raso al suolo il castello sovrastante.  L’abbandono seguitò poi per tutti i secoli successivi, tanto che sappiamo che nel XVII secolo la vecchia abbazia di Strumi era  una serie di  ruderi composti dalla chiesa, il monastero consisteva nella parte bassa del coro e il campanile  rovinato e trasformato in capanna. Nel 1716 la parte  posteriore dell’ abside dell’antico convento fu ristrutturata in quanto i frati vi mandarono ad abitare le famiglie di alcuni loro contadini che abitavano le case malsane luogo il torrente  Roille, che di li a poco confluisce in Arno. Vi venne costruita una scala, una porta per accedere internamente e un tettuccio sopra alla porta, mentre la parte anteriore  divenne cappella e tutt’oggi  svolge questa funzione.

Oggi  il ricordo della Abbaziia di San Fedele a Strumi è condensato, oltre che nei documenti storici contenuti a Poppi nella splendida Biblioteca Rilliana, da alcuni edifici ristrutturati nella piana di Poppi, le cui pietre ci raccontano di uomini santi, abati, antipapi, lotte religiose, bene elargito al  popolo in carestie, calamità naturali , epidemie, il tutto in linea con quelli che furono  i tempi difficili  dei secoli X-XI-XII della nostra storia civile e religiosa.

Foto e testo di Vannetto Vannini

I riferimenti storici di questo post CAI/Terre Alte sono stati ripresi dai volumi

“San Fedele di Poppi. Un’abbazia millenaria dell’Alto Casentino” di Francesco Pasetto  edito nel 1992 dalle Grafiche Calosci Cortona.

 “La Badia di San Fedele e il suo Beato Torello da Poppi”  di Francesco Pasetto edito nel 2012 da  ASKA.

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